Monte Matajur

Quando abitavo ancora a Udine ne parlavo come “della mia palestra”. Spesso, in tarda primavera ed in estate, terminavo di lavorare presto, mi cambiavo in ufficio e partivo diretto al Rifugio Pelizzo da dove, lasciata la macchina, raggiungevo la cima per poi ridiscendere, rincasare a fare la doccia e cenare. Attività aerobica all’aria aperta, più sana che in città.

La cima del Matajur si trova a 1641 m S.l.m.     La via più breve per raggiungerlo parte proprio dal Rifugio Pelizzo a quota 1320m, con calma ed ammirando il panorama si sale in 40-50 minuti.   Il monte è visibile e facilmente riconoscibile da quasi tutta pianura della regione: una “piramide” erbosa al confine con la Slovenia, sopra Cividale e le Valli del Natisone.    Sulla cima sorge una piccola cappella bianca, il confine passa sul retro della chiesetta. Dalla vetta il panorama a 360° spazia dalla Laguna di Grado e Lignano sino ai Colli Euganei, dal Monte Cavallo alla pianura friulana alla piana di Osoppo alla catena dei Musi con alle spalle il Monte Canin arrivando al Monte Nero per raggiungere la ciminiera di Monfalcone, quest’ultima poco naturate, ma ben visibile.

Nelle giornate terse la piccola cappella sulla vetta si può notare dalla pianura. La salita parte dal Rifugio Pelizzo, c’è la possibilità di una deviazione a sinistra a metà dell’ascesa per allungare, ma alleggerire la pendenza con un percorso meno ripido che tocca il rifugio Dom na Matajure a quota 1550m e da questo punto devia a destra per salire di altri 90m di quota sino alla cima; 

un altro percorso parte dall’osservatorio astronomico salendo da est, attraverso la vegetazione, lungo il confine;  una ulteriore opzione permette di aggirare la montagna, sempre partendo dal Pelizzo, per raggiungere le Malghe di Mersino e poi la cima dal versante Nord.

Sono salito innumerevoli volte, con ogni condizione meteo, anche con neve e pioggia riparandomi nella Chiesetta, in tre occasioni con gli sci; per il resto sempre a piedi. Le primissime volte che ci salivo c’era ancora uno skilift che ho visto attivo solo una volta, poi a fine anni ’90 è stato dismesso.   

Il 17 febbraio 1991 fu una salita splendida, tutta su neve con un sole abbagliante, con lo skilift attivo mi sono tenuto all’esterno della pista per raggiungere la chiesetta aggirando la sommità e risalendo dal versante Nord Ovest, dove c’erano degli accumuli di neve molto evidenti. Il tutto in una giornata fredda ma memorabile a seguito delle nevicate intense dei giorni precedenti.

La maggior parte delle volte sono sempre salito da solo, talvolta portandomi un libro per fermarmi a leggerlo, al sole del pomeriggio seduto sul gradino della cappella o sul cippo della vetta. Due volte in “serata” per apprezzare il tramonto e la pianura Illuminata per poi ridiscendere con buio fitto. Nessun problema con la luna piena e il cielo terso, più complicato senza luna, infatti, nell’ultima “notturna”, l’8 gennaio 2020, anno tragico per altri ben più gravi motivi, in discesa mi son giocato il primo menisco.

Al rientro, quando gli orari, e la compagnia, lo permettono, se il locale non è chiuso, il mio punto di ristoro si trova a Sanguarzo, Frasca da Gianni, il mio Frico preferito.

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